La storia dei terremoti in Friuli
Archivio Gortani, Fondazione Museo Carnico delle Arti Popolari, Tolmezzo
Il terremoto in Carnia del 1928
Prima del 1976 il Friuli era già stato
colpito da numerosi disastrosi terremoti. Alla fine dell’Ottocento il geologo
Annibale Tommasi ne elencò 190, anche se molti erano stati fenomeni minori o
parte di sciami sismici: tra questi, 126 vennero infatti catalogati come eventi
locali. Ora i più aggiornati database, come il Catalogo Parametrico dei
Terremoti Italiani curato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(vedi qui), continuamente aggiornato, ne riportano centinaia.
Il primo sisma di cui si ha notizia in
Friuli è quello che colpì Aquileia intorno all’anno Mille. A darne notizia fu
l’ingegnere Gaetano Ferrante nel 1853, in relazione ai danni subiti dalla
basilica di Maria Assunta nel 998 per «un terremuoto che non solo conquassò ed
atterrò edifici, ma per esso ancora ruinarono intere città». Ferrante non
chiarì se si riferiva allo stesso «grande e spaventevole terremoto» che colpì
Verona nel 1001 e la zona della laguna friulana. Il primo per gravità in epoca
medievale, invece, fu sicuramente quello del 1117 (o 1116 secondo altre
datazioni). Secondo Ludovico Antonio Muratori, negli Annali d’Italia, e
prima di lui l’abate Gian Francesco Palladio degli Olivi nelle Historie
della Provincia del Friuli, il sisma del 1117 colpì le terre tedesche «e
particolarmente l’Italia». Muratori scrisse che le scosse si susseguirono per
quaranta giorni, mentre Palladio degli Olivi raccontò i crolli delle torri di
difesa del monastero e della basilica di Sesto al Reghena.
A mezzogiorno del giorno di Natale del
1222 un «terribil Tremuoto», di una scala di magnitudo del momento
stimata del 5,68 (Mw 5,68), interessò Lombardia, Liguria, Emilia, Veneto e
Friuli. La città più disastrata fu Brescia, mentre in Friuli particolarmente
colpita risultò Cividale. Tra le conseguenze subite dalla città ducale va
citato il trasferimento del patriarca a Udine, dove l’intensità del sisma era
stata minore, che favorì lo sviluppo della «vile de Udin» in città.
Nello stesso secolo, il 23 aprile 1279, un sisma «fortissimo» fece crollare
parecchi castelli in Friuli.
A soli 22 anni di distanza, l’11
giugno 1301, un altro fortissimo terremoto «causò la rovina di molte case in
alcuni luoghi del paese» e fu seguito, aggiunse di Manzano, da «orribil
tempesta con grandine grossa a guisa d’uova di gallina, ed in particolare nel
territorio di Cividale, per cui questa regione restò per alcuni anni in preda
alla miseria». Ma uno dei terremoti più disastrosi di tutta la storia del
Friuli, e d’Italia, fu quello del 25 gennaio 1348 (Mw 6,63), nello stesso anno
in cui infuriò in Italia e in Europa la Peste nera. Sembra essere stato il più
forte, di cui è giunta notizia storica, al di sopra del Po. Con epicentro nelle
Alpi Giulie, venne avvertito in Veneto, Lombardia, Emilia, Austria fino alla
Baviera e alla Dalmazia. Provocò migliaia di morti e danni ingentissimi. A
Udine distrusse parte del castello e del palazzo patriarcale, ad Aquileia fece
crollare parte della basilica, distrusse castelli e palazzi pure a Ragogna,
Flagogna, San Daniele, Tolmezzo e Sacile. Anche Gemona e Venzone furono
gravemente colpite. I danni maggiori li subirono le terre arciducali: franò la
parte meridionale del massiccio del Dobratsch e a Villaco rimasero intatte le
sole case di legno prive delle fondamenta. Dal 1348 al 1511 Tommasi citò nove
eventi sismici, perlopiù locali. Non fecero danni ingenti anche se secondo le
cronache «rovinarono degli edifici».
Il 26 marzo del 1511, preceduto dalla
sommossa della zobia grassa, del Giovedì grasso, del 26 febbraio – una
sanguinosa rivolta tra fazioni filoveneziane e filoimperiali che da Udine si
estese a buon parte del Friuli – un altro fortissimo terremoto (Mw 6,32) colpì
un’ampia zona montuosa posta al confine tra le attuali Italia e la Slovenia. Le
scosse furono diverse, fino ad agosto, e furono avvertite in tutto il Veneto,
in particolare a Venezia, e in Romagna. I cronisti lo definirono «il più
spaventoso che in Udine e in Friuli fosse mai stato». A Udine i danni furono
ingenti: crollarono gran parte del castello e la sua cinta muraria, la loggetta
della chiesa di San Giovanni, il campanile e la chiesa di Santa Maria e molte
case. Anche il duomo fu danneggiato: dalla sua sommità, raccontò Palladio degli
Olivi, «precipitò un pinnacolo fracassando il tetto e scoperchiando le tombe di
alcuni degli uccisi nei tumulti del Giovedì grasso». A Cividale il sisma
distrusse 28 case, il campanile e una torre del monastero maggiore. Provocò
gravi danni anche a Osoppo, Sacile, Pinzano, Faedis, Tarcento, Moruzzo,
Colloredo, Fagagna, Villalta e Artegna, mentre Pordenone riportò solo lievi
danni.
Dopo il 1511, nel XVI secolo, quasi
ogni anno fu segnato dal terremoto: Tommasi ne contò oltre 50, non tutti
violenti e nessuno disastroso come quello del 1511. Nel Seicento le cronache
riportano invece eventi rari, al contrario del Settecento, un altro secolo
funestato da numerosi disastrosi eventi tellurici, di cui ci è giunta notizia
anche per l’accresciuta attenzione di studiosi e cronisti.
Il 28 luglio 1700 una scossa di forte
intensità (Mw 5,70) colpì Enemonzo, in Carnia. In quell’occasione «traballò il
suolo, ruinarono delle case, si screpolarono i muri della chiesa e perirono sei
persone». Dopo gli eventi del 1746, 1750, e 1776 a Tramonti e Meduno (Mw 5,86),
la scossa del 20 ottobre 1788 a Tolmezzo (Mw 5,19), fece crollare il duomo e
una quarantina di case seppellendo parecchie persone. Quella del 26 gennaio
1790, a Sutrio, rovinò molti edifici, tra cui la fabbrica di telerie Linussio di Tolmezzo, una delle più grandi industrie tessili del tempo in Italia, che non si
riprese più dagli ingenti danni.
Complice la sempre maggiore
circolazione delle informazioni e l’interesse sempre più attento degli studiosi
e dei giornali per i fenomeni sismici, la cui origine e motivazione la scienza
faticava ancora a spiegare, dal XIX secolo le registrazioni di eventi
consistenti o di singole scosse di bassa intensità ebbero frequenza pressoché
annuale – in tutto si contano 115 segnalazioni per l’Ottocento – a
testimonianza del fatto che il Friuli è una terra particolarmente esposta a
questa categoria di eventi fisici.
Del terremoto nel Pordenonese del 25
ottobre 1812 (Mw 5,62) il friulano Girolamo Venerio annotò nelle sue Osservazioni
meteorologiche che il sisma «fu
gagliardo a Belluno, Treviso, Vicenza e nel Garda, nonché nel Trentino ed in
Baviera», riportando fino a gennaio 1842 altre 23 scosse leggere, a cui
sarebbero da aggiungere le 27 che il periodico udinese «L’Alchimista friulano»
riportò fossero avvenute tra febbraio e marzo del 1853.
Tra i terremoti di forte intensità non
è possibile dimenticare quello del 29 giugno 1873. Quest’ultimo colpì
Mortegliano e Santa Margherita del Gruagno ma fu «disastrosissimo» a Belluno
dove, si legge sul «Giornale di Udine», la giunta comunale «si affrettò a
mandare del ghiaccio»: l’epicentro fu in Cansiglio e Alpago e l’intensità
eccezionale: 6,29 Mw.
La terra tornò a tremare in Friuli nel
1906, 1908, 1910, 1911, 1920, 1924 e 1926, prima della violentissima scossa (Mw
5,99)
che, in Carnia, con epicentro sul monte Bottai, il 27 marzo 1928 distrusse i
comuni di Vergegnis e Cavazzo Carnico, e provocò gravi danni da Paluzza a
Clauzetto, da Tramonti a Venzone. Ancora più forte (Mw 6,19)
l’evento del 18 ottobre 1936, con epicentro tra l’Alpago e il Cansiglio, che si
estese alla zona di Sacile, Polcenigo e Caneva, fu avvertito fino a Trieste, e
provocò vittime e ingenti danni, in particolare al duomo di Sacile. È un sisma
poco noto alle cronache: il regime fascista preferì non attirare l’attenzione
su un evento tragico nell’anno della proclamazione dell’impero e della guerra
di Spagna. Nessuna sottoscrizione venne indetta e gli stessi giornali locali
relegarono l’avvenimento nelle pagine interne in brevi resoconti.
Nel secondo dopoguerra, prima del terremoto del 1976,
altri eventi sismici interessarono la Carnia. Dopo una serie di scosse minori,
verificatesi tra il 1954 e il 1957, il 26 aprile 1959 (Mw 5,25) in particolare
la valle del But fu investita da un sisma che, pur in assenza di vittime,
provocò gravi danni alle case di Zuglio.G.F. Palladio degli Olivi, Historie della Prouincia del Friuli
dell'abbate Gio: Francesco Palladio de gli Oliui, giureconsulto, e patritio
vdinese. 2 voll., Udine, Nicolò Schiratti 1660; B.M. de Rubeis, Monumenta
Ecclesae Aquileiensis, Argentinae [i.e. Venezia], [Giambattista Pasquali]
1740; L.A. Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1500.
Tomo sesto. Dall’anno primo dell’Era Volgare fino all’anno 1170, Milano,
Pasquali 1744; L.A. Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare
sino all'anno 1749. Tomo settimo. Dall’anno primo dell’Era
Volgare fino all’anno 1300, Milano, Pasquali 1744; G. Venerio, Osservazioni
meteorologiche fatte in Udine nel Friuli pel quarantennio 1803-1842, a cura
di G.B. Bassi, Udine, Vendrame 1851; G. Ferrante, Piani e memorie dell'antica basilica di
Aquileja, Trieste, Tip. Del Lloyd austriaco 1853; J. Valvasone di Maniago, Successi
della Patria del Friuli. Sotto i Patriarchi d’Aquileja dal 1332 al 1402,
Milano, Lombardi 1857; F. di Manzano, Annali del Friuli, ossia Raccolta
delle cose storiche appartenenti a questa regione, 7 voll., Udine, tip.
Trombetti-Murero/Seitz/Doretti 1858-1879; A. Goiran, Storia
sismica della provincia di Verona, Verona, Stab. Tip. Civelli 1880; G.
Mercalli, Vulcani e fenomeni vulcanici, Milano, Vallardi 1883; A.
Tommasi, I terremoti nel Friuli. Dal 1116 al 1887, Roma, tip. Metastasio
1888; M. Baratta, I terremoti d’Italia. Saggio di storia, geografia e
bibliografia sismica italiana, Torino, Fratelli Bocca 1901; Di alcuni
terremoti in Friuli. 1222 a 1895, Udine, tip. Del Patronato 1909; A.
Cavasino, I terremoti d'Italia nel trentacinquennio 1899-1933, Roma,
Ist. Poligrafico dello Stato 1935; P. Feliziani - L. Marcelli, Il terremoto
di Tolmezzo del 26 aprile 1959. Parte prima. Venti secoli di storia sismica
della Regione Carnica e dell’ Italia Nord-Orientale, in «Annali di geofisica»,
3 (1965), pp. 165-207; P. Feliziani - L. Marcelli, Il terremoto
di Tolmezzo del 26 aprile 1959. Parte 2. Venti secoli di storia sismica della
Regione Carnica e dell’ Italia Nord-Orientale, in «Annali di geofisica», 2
(1966), pp. 191-214; F. Durante, Terremoti in Friuli, Udine,
Cartolnova 1976; A. Mizzau, Terremoti in Friuli, in «La Panarie», 31-32
(1976), pp. 4-5; A. Cremonesi, Storia dei terremoti in
Friuli, Udine, Arti Grafiche Friulane 1977; M. Riuscetti, I terremoti
del Friuli. Una storia tutta da scrivere, in «Identità. Rivista di cultura in
Friuli», 4 (1983), pp. 72-81; G.G. Corbanese, Il Friuli, Trieste e l'Istria
grande atlante storico-cronologico comparato. 2. Nel periodo veneziano,
[Udine], Del Bianco 1987; B. Figliuolo, Terremoti, stati e società nel Mediterraneo nel XV
secolo, in «Acta historica et archaeologica
mediaevalia», 16-17 (1995-1996), pp. 95-124; R. Camassi et al. (a cura
di), Contributo INGV al WP2 del progetto
HAREIA - Historical and Recent Earthquakes in Italy and Austria: Studio della
sismicità storica del Friuli Venezia-Giulia, Veneto e Alto Adige, Bologna,
INGV 2012; G.B. Carulli - G. Muscio, Michele
Gortani (1872-1966) e il terremoto del 1928 in Carnia, in «Gortania», 37
(2015), pp. 5-14.